“La Ginestrella”, regina in cucina.

Chondrilla Juncea (Ginestrella, Lattugaccio comune,Pioletta,Mastrici,Erba pizzuta,Lattaiola)

Etimologia: Il nome del genere Chondrilla si riferisce al greco chondrus, seme, cartilagine ma anche grumo, usato per via del latice, il nome della specie juncea, si riferisce alla forma a giunco del fusto.

Il lattugaccio comune (Chondrilla juncea) è presente nei prati aridi, negli incolti e fra le stoppie del grano, in tutto il territorio italiano. È conosciuto anche con i nomi dialettali di lazzeo, tassella, cassella, cudidda, lattuchiello, ma chiamato più frequentemente ginestrella, perché nella fase della fioritura somiglia ad una piccola ginestra, o meglio ad un “giunco” (da cui il nome popolare di ginestrella e l’aggettivo “ juncea “ adottato da Linneo). È composto di tre strati di foglie, come anche il lessico popolare spagnolo evidenzia (“Leitugas des tres los planos”). La piccola pianta dalle foglie frastagliate è caratterizzata da una venatura rossiccia che si intensifica verso il cuore. Le foglie della rosetta basale sono glabre, lanceolate, roncinate, grossolanamente dentate, leggermente spinulose ai bordi, hanno un colore verde tenue ed una consistenza turgida: per questa speciale caratteristica, masticate crude, risultano croccanti. I contorni delle foglie hanno una minuscola peluria rossiccia. Presenta un fusto eretto con spinule retroflesse in basso e liscio in alto. Dopo la fioritura la pianta appassisce per riapparire l’autunno successivo. Come certe piante del genere Lactuca, mostra la caratteristica disposizione delle foglie in senso parallelo ai raggi solari (pianta bussola). I capolini sono numerosissimi, spesso riuniti in fascetti di 2-4. Ama i terreni lavorati e ben soleggiati (non trattati con i diserbanti), i margini dei campi, dei fossi; si ritrova anche in prossimità delle strade poderali e delle strade ferrate, nasce persino nei muri e fra le rocce. Un tempo era diffusa soprattutto nel campi di cereali. Nel Sud è molto frequente negli orti, nei prati e negli incolti.

“La Ginestrella” in fiore

Usi culinari:

La giovane pianta si raccoglie dall’autunno fino all’inizio estate. In inverno si usa la rosetta di foglie basali tagliandola alla base in modo da preservare la radice; in questo periodo infatti dal suo interno fuoriesce la propaggine del futuro fiore, il gustoso picciolo della lazzea, ricercatissimo in alcune zone dell’Alto Lazio per utilizzarlo nella salsa con il pesto di acciughe e aglio. In primavera si utilizza lo scapo, infine, all`inizio dell`estate, le cime terminali di ciascun ramo. Al momento della raccolta, dal taglio della radice esce un liquido appiccicoso, bianco latte. Il suo sapore amarognolo la rende adatta anche per altri tipi di condimento. L’uso di queste cime dell’infiorescenza è stato riscontrato anche nel meridione d’Italia, in Basilicata. La pianta giovane e tenera è consumata di preferenza nelle insalate, a fine inverno inizio primavera e negli autunni miti, sia da sola sia mista ad altre erbe spontanee. Fa parte del mischietto caninese, una specie di misticanza tipica della cittadina di Canino in provincia di Viterbo, dove è chiamata lazzea. Più tardi, quando dal centro della rosetta fuoriesce la propaggine del futuro fiore, questo, che nella Tuscia viene chiamato “picio della lazzea”, viene raccolto per essere consumato insieme con la salsa a base di un pesto di acciughe, olio e aglio, comunemente usato anche per condire le puntarelle dei mazzocchi. Spesso questa erba si usa cotta, ripassata in padella con aglio e olio, o condita con solo olio extravergine d’oliva, sale e limone. Può essere utilizzata anche nelle zuppe di verdure o per la preparazione di torte rustiche. Nel comune di Matelica, la ginestrella, detta maittici, viene ancora consumata in insalata con il raperonzolo tagliato a fettine. Nel Meridione d’Italia, in Basilicata, la parte tenera dell’infiorescenza viene usata come gli asparagi per fare le frittate, oppure lessata e condita con olio e limone, usanza questa sconosciuta anche nell’Italia Centrale. In Calabria invece, nei pascoli del Monte Poro, dove quest’erba è pure assai diffusa ed è conosciuta col termine dialettale di cacazzimmeri, cioè “erba che piace alle capre”, se ne conosce un uso assai sporadico. In Europa una tradizione di raccolta per usi alimentari è confermata solo in Grecia e nella regione sud occidentale della Francia.

Proprietà medicinali.

Molti la considerano digestiva, disintossicante dell’organismo, ricostituente, aperitiva e digestiva. Da una ricerca sugli usi etnobotanici in Gallura, il latice che essa secerne, viene considerato cauterizzante ed antiverrucoso.

Aspetti nutraceutici (rif. bibliografico: Aspetti fitoecologici e nutrizionali di alcune specie vegetali spontanee in Umbria per la conoscenza, recupero e valorizzazione di risorse ambientali. Responsabile scientifico Prof. Aldo Ranfa)

A verifica delle proprietà e qualità che vengono attribuite dalla tradizione popolare a questa specie di erba e grazie alle attuali tecniche analitiche, sono stati determinati, oltre alla classica composizione chimica percentuale, anche altri componenti. In particolare l’interesse si è rivolto all’individuazione dei principali componenti con proprietà antiossidante.  Attualmente, lo stress ossidativo, cioè il mancato equilibrio tra la formazione nell’organismo di specie radicaliche dell’ossigeno (ROS) e dell’azoto (RNS) e gli antiossidanti endogeni ed esogeni, è ritenuto responsabile dello sviluppo di numerose patologie degenerative, come quelle a carico del sistema cardiocircolatorio (ipertensione, arterosclerosi, infarto, ictus), di alcune forme tumurali, del sistema autoimmune, con coinvolgimento del sistema nervoso centrale fino alla comparsa della demenza di Alzheimer e del morbo di Parkinson e dell’accelerazione del processo fisiologico dell’ invecchiamento.

I valori chimici e di apporto di energia indicati di seguito, sono sono espressi in g/100 g di parte edibile.

Acqua                      87,8
Proteine                    1,9
Lipidi                         0,5
Carboidrati             2,0
Ceneri                        1,8
Fibra alimentare  5,8
Energia (kcal)       19,6

 

Relativamente al contenuto delle ceneri, è da mettere in evidenza l’interessantissimo contenuto di alcuni minerali la cui concentrazione è stata determinata tramite la Spettrofotometria ad Assorbimento Atomico: da sottolineare l’alto contenuto di ferro, potassio, calcio, magnesio ed il basso contenuto di fosforo e cosa positiva, per le sue implicazioni sulla pressione arteriosa, del sodio.

I valori di seguito indicati sono espressi in mg/100 g di parte edibile.

Ferro                         4,9
Calcio                       159
Fosforo                    12,7
Sodio                        3,8
Potassio                  1277
Magnesio               100

Relativamente ai componenti ad azione antiossidante, sono state determinate le più importanti vitamine, sia idro che liposolubuli e le sostanze polifenoliche totali.

 

beta-carotene, (µg/100g), m 2134
Vitamina A,  (µg Ret. Eq./100 g),                 356
Vitamina E,  (µg/100g), m                            2728
Vitamina C, (mg/100g), m < LQ
Polifenoli totali  (mg/100g), m 1043

I risultati ottenuti mettono in evidenza concentrazioni molto buone di β-carotene(pro-vitamina A) e di vitamina E, decisamente bassa è quella della vitamina C, con concentrazione non dosabile. Da sottolineare l’eccellente concentrazione del β-carotene che in 100 grammi di erba è in grado di coprire per il 51%  la quantità giornaliera raccomandata di tale vitamina. Anche per la vitamina E,  i 100 gr di erba sono  sufficienti a coprire per il 42% il suo fabisogno giornaliero.

La capacità antiossidante totale è stata determinata utilizzando il metodo ORAC (Oxygen Radical Absorbance Capacity), che rappresenta un dato innovativo ed estremamente interessante, capace di esprimere un nuovo concetto relativamente alla qualità nutrizionale di un alimento. Di recente il dipartimento dell’agritulra degli Stati Uniti d’America (USDA) ha pubblicato un ricco data base specifico (relativo ad oltre trecento alimenti) contenente, oltre ai valori della capacità antiossidante totale, espressi in unità ORAC, cioè µmol Trolox Equivalenti/100 g di alimento, anche quelli dei polifenoli totali, che sembrano ben correlarsi con tale misura.  Il valore in ORAC (µmol TE/100g) della Chondrilla juncea è : 427.

Per potersi  rendere meglio conto del valore di questo dato, si può dire che esso è molto simile e a volte superiore a quello relativo ad esempio al cavolo (508), carota(355), sedano(512), finocchio (307), zucchina (180), pomodoro (546).

Attualmente viene consigliato dai nutrizionisti di consumare 5 porzioni di frutta e verdura al giorno per assumere la quota di antiossidanti necessaria per mantenere il benessere dell’organismo, che si stima corrispondere a circa 5.000 unità ORAC.  Da un punto di vista pratico, pertanto, le specie spontanee commestibili possono offrire un contributo rilevante in tal senso.
Tutto ciò non significa che bisogna diventare “vegetariani”, in quanto gli alimenti di origine vegetale non sufficienti “da soli” a soddisfare i bisogni di nutrienti dell’organismo, ma è pur vero che, nell’ambito di una dieta razionale ed equilibrata, che preveda il consumo di tutte le tipologie di alimenti nei corretti rapporti quali/quantitativi, i vegetali in genere e le specie spontanee in particolare, sono in grado di svolgere un ruolo molto importante, per le loro caratteristiche intrinseche di composizione, per il loro contenuto in fotocomposti ad attività biologica, per il loro apporto di componeneti ad attività antiossidante….e per l’attività fisica che ci fanno intraprendere per la loro raccolta.