LE ERBE DI SAN GIOVANNI

Domenica 23 giugno
Vivi la MAGICA NOTTE di SAN GIOVANNI
nella fantastica Oasi di Colfiorito.

panorama

Ogni anno, il 21 giugno, si verifica il fenomeno astronomico del giorno più lungo e, di conseguenza, della notte più corta dell’anno, quando il Sole raggiunge la sua massima altezza sull’equatore.

SOLSTIZIO ESTATE

L’evento chiamato “Solstizio d’estate”, è tra i più attesi nell’arco dell’anno, esso segna infatti l’inizio ufficiale dell’estate. Proprio per questa particolarità, esso ha sempre fornito occasione per singolari festeggiamenti e cerimonie, dalle antiche origini pagane e celtiche.
Il Cristianesimo ha spostato questa data al 24 giugno, a mezzo anno di distanza dal Natale, dedicando questa ricorrenza alla Natività di San Giovanni Battista, unico santo cristiano di cui si celebra la nascita e non la morte o il martirio. Da secoli, la notte che precede il 24 Giugno, ha conservato una sua ritualità con lo scopo di difendere gli uomini e le loro abitazioni da influssi negativi come malefici e diavolerie.

DANZA DEI FIORI

Da questo anno 2019 l’Accademia Italiana Piante Spontanee,
con la collaborazione della 
Azienda Agricola “Il Tarabuso”,
con sede a Forcatura, nel cuore dell’Oasi Naturalistica di Colfiorito, celebra l’evento nella giornata di domenica 23 giugno,
a partire dalla mattinata fino a notte.

Si inizia alle ore 10 con la registrazione dei partecipanti

Ore 10.30

Presentazione da parte di Luciano Loschi, presidente

dell’Accademia Italiana Piante Spontanee,

delle Erbe di San Giovanni, nate nei campi adiacenti “Il Tarabuso”.

Ore 11.30

Presentazione della preparazione dell’ OLEOLITO DI IPERICO

Potete accedere al mio blog per vedere la sua preparazione

https://www.accademiaerbecampagnole.eu/iperico-la-piante-solzistiale/

Ore 12,30
Pranzo a buffet con prodotti tipici biologici di Dibium (Distretto Biologico Umbro), e prodotti spontanei della stagione.

LOGO DIBIUM
www.dibium.it

Ore 15.00
Presentazione della preparazione di un altro prodotto legato alla tradizione del giorno di San Giovanni:
Il Nocino di San Giovanni.
Potete accedere al mio blog per vedere la sua preparazione
https://www.accademiaerbecampagnole.eu/nocino-di-san-giovanni/

Ore 17.30
Passeggiata nei campi per la raccolta delle erbe di San Giovanni.

DONNA ERBE SAN GIOVANNI
Papaveri, petali di rosa canina e rose coltivate, menta, fiordalisi, lavanda (simbolo di purificazione, felicità, amore e pace), rosmarino (che protegge da situazioni negative), salvia, malva, finocchio selvatico (potente amuleto utile ad affinare l’occhio negli inganni), iperico (chiamato anche erba di san Giovanni che ha proprietà paragonabili ad alcuni psicofarmaci), trifoglio, foglie di noce, amaranto, artemisia (che scaccia il malocchio e le iettature), sambuco e un infinità di erbe fino ad arrivare ad almeno 24 erbe.
I partecipanti dovranno dotarsi di un cestino, possibilmente di vimini o equivalenti, dove raccogliere le erbe. Oltre al cestino si consiglia di portare un vaso dove verranno immerse in acqua, tutte le erbe raccolte; il vaso di acqua, con le erbe, al ritorno a casa verrà messo all’esterno durante la notte, per fare in modo che la rugiada del mattino vi si depositi sopra. La rugiada che cade in questa notte, secondo credenze popolari, possiede virtù protettrici e curative, portatrici di abbondanza e buona sorte, un rito sacro e misterioso insomma, tramandatoci da anni. La mattina del 24 giugno si può utilizzare quest’ acqua profumata per lavare il viso e il corpo. Si dice che il profumo dell’acqua predisponga lo spirito alla purificazione e che sia un nuovo inizio per l’animo umano, i nostri nonni dicevano:

“la guazza di San Giovanni caccia tutti i malanni“.

FIORI DI SAN GIOVANNI

Ore 18.30
Dimostrazione di cucina con le erbe campagnole estive :

Portulaca, Amaranto, Aglio orsino, Tarassaco, Farinello.
Ore 19.30
Cena a buffet con erbe campagnole estive e prodotti Bio Dibium.

COSTO 
Per gli associati alla Accademia Italiana Piante Spontanee € 15,00
Per i non associati € 25 (compresa l’iscrizione all’Accademia per il 2019)

Per chi conferma partecipazione al Pranzo: € 25,00
a Cena: € 20,00

Bambini di età inferiore agli 8 anni tutto gratuito.
Bambini di età fino ai 15 anni gratuito il corso
Pranzo: 15€
Cena: 10€

Massimo numero di partecipanti : 28
Per prenotazioni:
cell: 3936622189  (Luciano Loschi)
email: luciano.loschi@gmail.com

AGLIO ORSINO

Allium ursinum L.

Famiglia: Amaryllidaceae

Nome volgare: Aglio orsino

Descrizione:
Pianta perenne alta 20-40 cm provvista di un bulbo sottile oblungo attorniato da tuniche intere biancastre membranose e scapo semicilindrico angoloso.
Foglie generalmente 2 basali, ovali-lanceolate, lunghe 10-20 cm e larghe 3-6, munite di un lungo picciolo alato, lungo 5-15 cm di un colore verde brillante, emananti un forte odore agliaceo.

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Foglie e boccioli raccolti il 24 Maggio 2019 in Faggeta a 1300 m slm

Le infiorescenze, alla sommità dello scapo, si riuniscono ad ombrella di 6-20 fiori, di forma subsferica irregolare di 3-6 cm di diametro. Sono racchiuse prima della fioritura da una spata cartacea intera o divisa in 2-3 lobi, caduca, che non supera la grandezza dell’ombrella.
I fiori sono formati da 6 tepali bianchi lanceolati lunghi ca. 1 cm, più lunghi degli stami e con un peduncolo lungo sino a 2 cm.
AGLIO ORSINO5-FIORE1

Antesi: aprile- giugno

Habitat:
Si diffonde soprattutto nei boschi di latifoglie, luoghi ombrosi ed umidi, e particolarmente nelle vallecole umide in colonie numerose su terreni fertili e ricchi di humus, dal piano fino alla fascia submontana, da 0 a 1500 mt. Habitat prediletto bosco di faggio.

Etimologia:
il nome del genere allium sembra di origine celtica “all” che significa caldo, bruciante, acre, com’è infatti il sapore dell’aglio oppure dal greco allis derivante da chlaina= mantello foderato, per la spata che avvolge l’infiorescenza o per le tuniche che ricoprono i bulbilli. Il nome della specie ursinum = degli orsi,  in riferimento agli ambienti boschivi su cui preferibilmente cresce, oppure in base alcune credenze popolari potrebbe derivare proprio dagli orsi, che appena svegliati dal letargo invernale, sarebbero ghiotti dell’aglio ursino, col quale depurano l’organismo rimasto a lungo fermo.

Proprietà ed utilizzi:
Le proprietà dell’aglio orsino sono praticamente le medesime dell’aglio comune (A. sativum) è antielmintico, ma è anche un buon diuretico, stimolante gastrico, antisettico, coleretico (ossia agisce sulle bile) ed è un efficace depurativo disintossicante del sangue. Le foglie fresche sulla pelle hanno proprietà rubefacenti (proprietà di richiamare il sangue negli strati più superficiali della pelle, causandovi una piccola irritazione, ed alleggerendo così l’infiammazione agli strati sottostanti proprio grazie alla sottrazione di sangue. Usato pestato quale cataplasma per lenire gli ascessi ed i foruncoli.

Attenzione a non confonderlo con
il Mughetto (Convallaria majalis L.), pianta che vive in habitat simile ma che contiene principi attivi molto tossici il cui consumo può avere conseguenze letali.

e il Colchico d’utunno (Colchicum autumnale – L) o falso zafferano, pianta velenosa  in quanto contiene la colchicina, un alcaloide altamente tossico

La seguente immagine mette a confronto le tre foglie e i tre fiori, notare i fiori molto diversi e le foglie anche se di forma simile, nel A.orsino presentano un peduncolo che nasce direttamente dal bulbo, mentre nel mughetto sono inserite a diverse altezze sul fusto. Ma è l’odore che toglie ogni dubbio: le foglie dell’ A.orsino odorano fortemente di aglio.

mughetto-orsino-colchico

In cucina:
nel periodo primaverile, sono raccomandate le foglie tenere, finemente tritate, per insaporire le insalate o aromatizzare il burro dando un sapore delicato e gradevole alle carni e non così deciso rispetto agli altri agli. Sono inoltre utilizzate per insaporire patate, cicorie, uova, zuppe, brodi avendo cura di aggiungerle all’ultimo momento per apprezzare appieno il loro aroma. I bulbi che si possono raccogliere in autunno possono essere usati come A. sativum.
Molto buono l’olio a base di foglie di aglio orsino da usare quale condimento su patate lesse, pane tostato, pasta e particolarmente consigliato per insaporire piatti di pesce, quali sgombro o merluzzo: frullare l’aglio orsino con l’olio extravergine di oliva, fino ad ottenere un composto omogeneo, condire con sale e pepe e riempire un barattolo con tappo a vite.
Conservare in frigorifero e consumare entro una settimana.
Ottimo sostituto del pesto di basilico, il pesto di A.orsino richiede il 40% di foglie di A. orsino tagliate finemente, una manciata di mandorle tritate, sale e pepe quanto necessita, il tutto completato e ben ricoperto da olio extra vergine di oliva ed infine frullato fino ad ottenere una crema.

Aceto all’aglio orsino.

Ingredienti:
1 litro di aceto di vino bianco
3 bulbilli di aglio orsino
1 peperoncino piccante
1 Rametto di rosmarino.

Preparazione:
Ridurre le foglie dell’ A. orsino a fettine, il peperoncino a pezzetti ed inserirli nella bottiglia con l’aceto e il rametto di rosmarino. Lasciarli macerare per un minimo di 7 giorni, per un periodo più lungo, maggiore sarà il sapore.

 

 

LA PASTINACA

Pastinaca sativa L.

Sottospecie presenti in Italia:
Pastinaca sativa L. subsp. Sativa che si distingue per fusti angolosi, pelosità ridotta x peli sparsi, foglie con segmenti con base cuneata. Coltivata per uso alimentare e spesso inselvatichita

Pastinaca sativa L. subsp. Sylvestris (Mill.) Rouy & E.G. Camus che si distingue per pelosità densa, foglie grigio pubescenti con segmenti che alla base spesso sono cordati

Pastinaca sativa L. subsp. Urens (Reg. ex Godr.) Celak. che si distingue per fusto cilindrico o appena striato quasi liscio, ombrella terminale a 5÷7 raggi, non o poco maggiore delle laterali.

Famiglia: Apiaceae

Descrizione: Pianta biennale, erbacea, dall’odore pungente, con radice a fittone, affusolata, giallo chiara, carnosa, che nel primo anno produce soltanto un ciuffo di foglie dal quale poi, nel secondo si sviluppa il fusto cavo, angoloso, scanalato, pubescente e ramificato in alto di 40÷120 cm.
Le foglie basali sono dotate di un lungo picciolo inguainante il fusto, sono pennate con 5÷11 foglioline ovali con apice acuto e margine dentato e talvolta inciso in due lobi. Le foglie caulinari sono alterne, le superiori sessili ed amplessicauli e con numero inferiore di foglioline.
I fiori ermafroditi, di colore giallo oro, sono raccolti in ombrellette che a loro volta formano grosse ombrelle del diametro assai variabile da 5÷8 cm e con 5÷15 raggi, mancanti dell’involucro e involucretto, i peduncoli delle ombrelle laterali sono più lunghi di quelle centrali e l’ombrella superiore è sensibilmente più grande di quelle sottostanti.
Fioritura: luglio÷agosto

Habitat: In Italia è comune in tutte le regioni, vegeta nei prati, bordo strada, coltivi , scarpate, terreni limosi e ricchi di sostanze azotate, dal piano fino a 1600 m s.l.m.

Etimologia: Il nome del genere deriva dal latino “pastus” = nutrimento e indica la commestibilità della radice; l’epiteto specifico deriva dal latino “sativum” = coltivato.
Proprietà ed utilizzi:
Specie commestibile officinale.
Contiene olio essenziale, sostanze grasse, furocumarina, pectine, carboidrati, vitamina C.
Pastinaca sativa un tempo era usata nella medicina popolare come diuretico e digestivo.
La Pastinaca è nota soprattutto per le proprietà alimentari delle sue radici, che oltre ad essere ricche di proteine, amidi e zuccheri, hanno un gradevole sapore simile a quello delle carote; la tradizione popolare ritiene la Pastinaca un cibo utile alle persone deboli, anziane o convalescenti.
È un ottimo alimento dietetico, infatti 100 g di radice, corrispondono a 22 kcal e contengono 12 g di fibre.
Le estremità delle ramificazioni possono essere impiegate come spezia.
Gli antichi romani attribuivano alla Pastinaca proprietà afrodisiache e spesso la cucinavano con il miele.
La radice viene impiegata, soprattutto nel nord Europa in molte preparazioni alimentari e anche in bevande fermentate tipo birra.
Il suo uso è andato scemando con la scoperta dell’America e delle patate che l’hanno gradatamente sostituita, gli inglesi che la chiamano “parsnip “continuano ad usarla, mangiandola durante tutto l’inverno, raccolta dopo le gelate.
Un tempo i fiori erano impiegati per tingere di colore giallo la lana.
Attenzioni per il raccolto ed il consumo:
Pastinaca sativa subsp. urens (Req. ex Godr.) Čelak può provocare dermatiti da contatto e può essere responsabile, in soggetti particolarmente sensibili, di ustioni di 2° grado.
Questa sottospecie ma anche le Pastinache in generale contengono furanocumarina, una sostanza che può provocare reazioni cutanee aggravate per fotosensibilizzazione, sotto gli effetti dei raggi solari.
A questo proposito è stato accertato da ricercatori dell’ Università dell’ Illinois, che la Pastinaca sativa, quando è aggredita da piccolo ma vorace bruco (Trichoplusia ni) produce nelle zone circostanti a quella del morso, una quantità 80 volte superiore alla norma di furanocumarina, sostanza che produce a scopo difensivo.
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare

Tarassaco

Tarassaco

DOMENICA 19 NOVEMBRE 2017

I° CORSO AUTUNNALE SULLE ERBE CAMPAGNOLE SPONTANEE.

LA STAGIONE  CALDA E LE ULTIMISSIME PIOGGE HANNO FAVORITO UNA ECCELLENTE CRESCITA
DELLE MIGLIORI ERBE CAMPAGNOLE SPONTANEE.

E’ POSSIBILE RACCOGLIERE LE MIGLIORI ERBE CAMPAGNOLE SPONTANEE COME
RAPONZOLI, GINESTRELLA, PIMPIMPINELLONE, PIMPINELLA, RAPASTELLA BIANCA, RAPASTELLA GIALLA, COTECACCHIE, GRUGNI AMARI, ECC.

LA GIORNATA SI SVOLGERA’ CON IL SEGUENTE PROGRAMMA:

ORE 9.00 ARRIVO IN SEDE ED ISCRIZIONE ALL’ ACCADEMIA ERBE CAMPAGNOLE SPONTANEE.

ORE 9.30 INIZIO PRESENTAZIONE DAL VERO DELLE ERBE 

ORE 10.30 USCITA SUL CAMPO ALLA RICERCA E RICONOSCIMENTO DELLE ERBE 

ORE 12.00 RIENTRO IN SEDE E SHOW-COOKING CON LE ERBE CAMPAGNOLE RACCOLTE

ORE 13.00 DEGUSTAZIONE IN PIEDI CON  PRODOTTI TIPICI UMBRI ED ERBE SPONTANEE

COSTO :
€ 10,00 QUOTA ASSOCIATIVA (OBBLIGATORIA)
€ 15,00 DEGUSTAZIONE (FACOLTATIVA)
€ 5,00 DEPLIAND “LE BUONE ERBE” (FACOLTATIVA)

SI ACCETTANO LE PRIME 25 ISCRIZIONI

LA SEDE DEL CORSO VERRA’ COMUNICATA ENTRO IL 15 NOVEMBRE 2017

Per accettazione ed iscrizione al corso :

email: luciano.loschi@gmail.com
cell.:   3936622189 (Luciano Loschi)

 

 

Fiori dell’ Albero di Giuda

Albero di Giuda
chiamato anche  Siliquastro

Nome scientifico: Cercis siliquastrumL. 1758

Famiglia : Fabaceae (leguminose)

E’ un albero utilizzato come pianta ornamentale nei giardini e per le alberature stradali, grazie alla sua resistenza all’atmosfera cittadina. Il siliquastro si trova sparso in tutto l’areale appenninico di bassa quota, fino ad un massimo di 500m circa. È una pianta tipica dei boschi di latifoglie, prediligendo quelli misti in associazione a  quercia, orniello e altre piante arboree. Il siliquastro cresce difficilmente in boschi umidi e ombrosi, mostrando elevata capacità di adattamento e arrivando a colonizzare sia pendii aridi e scoscesi sia addirittura luoghi sassosi, come cave e pareti rocciose naturali. Questa pianta preferisce i terreni calcarei e sassosi, senza ristagno idrico ma tollera anche quelli moderatamente acidi. Abbastanza resistente al freddo. Gradisce un’esposizione in pieno sole, possibilmente protetta dai venti; si sviluppa prevalentemente in pianura, preferendo i climi miti a quelli rigidi. In età avanzata può raggiungere anche gli 8 m, anche se solitamente le sue dimensioni sono più contenute: tra i quattro e i cinque metri.

Etimologia:

Il nome comune del Cercis siliquastrum è associato alla leggenda del suicidio di Giuda. Si pensa, infatti, che l’apostolo, preso dal rimorso per aver tradito Gesù, si sia impiccato proprio sul ramo di un albero appartenente a questa specie. Questa leggenda si diffuse in epoca precristiana e continuò a persistere anche dopo il cristianesimo e durante il Medioevo. Il nome botanico della pianta deriva invece dal greco “kerkis”, che significa ‘navicella’, e dal latino “siliqua”, che significa ‘baccello’, in riferimento alla forma dei frutti dell’albero.
Fiori da mangiare

I fiori dell’albero di Giuda di colore rosa porpora, fioriscono a fine marzo – aprile; in questi giorni di fine aprile la sua fioritura è nel pieno e conviene approfittarne per gustarli al meglio. I fiori possono essere raccolti e mangiati, sia fritti in pastella sia mescolati freschi a insalate. C’è chi li conserva in salamoia come i capperi per poi usarli in zuppe o piatti alla pizzaiola e c’è chi li conserva sottaceto.
Al termine della fioritura, l’albero di Giuda sfoggerà i suoi frutti, si tratta di legumi appiattiti, lunghi circa 10 cm e larghi quasi 2 cm infatti l’albero di Giuda fa parte della stessa famiglia di fagioli e piselli, è una Leguminosa.

Fiori dell’albero di Giuda fritti

Ingredienti:

2 manciate di fiori dell’albero di Giuda,
olio per friggere,
sale o zucchero.

Procedimento:

In una padella mettere l’olio evo o di semi, quando è ben caldo mettere i fiori dell’albero di Giuda, farli friggere a fiamma alta per alcuni minuti, quando sono ben croccanti scolarli in carta assorbente, cospargerli con sale o zucchero a secondo dei propri gusti. Servirli molto caldi.

Sorbetto ai fiori dell’albero di Giuda

Ingredienti:

400g di fiori
300 cc acqua
150g zucchero
1 bicchiere vodka
200cc panna fresca

Procedimento:

Portare ad ebollizione l’acqua insieme allo zucchero, versare i fiori senza gli steli. Raffreddare, e quando lo sciroppo sarà freddo unire la vodka, quindi mettere in congelatore a gelare. Dividere il sorbetto in bicchierini monodose decorati con buccia di arancia o limone e fiori freschi

fiore albero di giuda silique albero giuda

Orecchie di lepre

Orecchie di Lepre

Nome scientifico: Silene alba (Miller) Krause)

 Famiglia: Caryophyllaceae.

La Silene Alba chiamata anche orecchie di lepre è una pianta poco conosciuta ma assolutamente di grande valore gastronomico.
E’ sorella minore del più conosciuto Silene Vulgaris, lo Strigolo
Non è una pianta facile da riconoscere perchè ha molte erbe che le somigliano.
Si presenta a ciuffo, più o meno sviluppato. La foglia è carnosa, pelosetta, a margini lisci.
Il retro della foglia è caratteristico. Da qui il nome volgare: orecchie di lepre o di coniglio!!!
Le venature sono marcate, evidenti e tendono tutte verso l’apice della foglia.
L’odore è piacevole, di pisello. Il sapore dolce, anch’esso di pisello o spinacino.
E’ un’erba depurativa e il suo uso regolare è un vero e proprio toccasana per la pelle.

Si raccoglie nel periodo che va Marzo a fine Aprile, prima che vada in fiore.

In cucina:

Si utilizza cotto, in risotti, frittate e zuppe.
Con le giovani foglie si possono preparare ottime zuppe, oppure si possono consumare bollite e saltate in padella. L’intera pianta viene utilizzata nella preparazione della “minestrella”, zuppa antica e poverissima composta da 27 erbe che viene solitamente accompagnata da focaccette di granoturco.

Zuppa di Erbe spontanee e Fagioli

Considerata una zuppa povera perché la maggior parte degli ingredienti si trova nei campi, altresì si può considerare anche molto ricca perché sono pochi, coloro che la possono degustare e cioè solo i conoscitori di erbe spontanee: Barba di becco, Borragine, Cicoria, Malva, Tarassaco, Radicchiella, Finocchio selvatico, Costola d’asino, Silene alba, Crespigni, Ortica, Piantaggine, Rapastrella gialla e bianca, ecc, con varianti a seconda della stagione.
Ingredienti:
1 kg erbe selvatiche tra quelle reperibili nella stagione
500 gr di fagioli borlotti o cannellini
100 gr di Lardo di Colonnata con la cotenna
3 patate
2 litri d’acqua
2 cucchiai di passata di pomodoro
olio evo q.b
sale e pepe q.b

Procedimento:

Mettere in ammollo per 10 ore i fagioli.
Lavare le erbe selvatiche, pulitele eliminando le foglie gialle e rovinate.
Mettete in una pentola 2 l di acqua, le patate sbucciate, la cotenna del lardo, la passata di pomodoro e i fagioli borlotti dopo l’ammollo di 10 ore.
Fare cuocere per circa un’ora, poi passare una parte dei fagioli e le patate.
Aggiungere le erbe già pulite e continuare a cuocere il tutto lentamente, controllando che il brodo non si ritiri eccessivamente fino a che le verdure non saranno cotte al punto giusto.
Alla fine la Zuppa di Erbe Spontanee e Fagioli, si serve con un filo d’olio evo, una manciata di pepe macinato al momento e delle fette di pane ai sette cereali abbrustolite e per chi lo desidera strofinate con aglio.
FIORE DI SILENE ALBA SILENE ALBA FRUTTO

 

Il Piattello (un concentrato di antiossidanti)

Piattello
Nome scientifico: Hypochoeris radicata L.

Famiglia: Asteraceae

Nome volgare: costolina, petaciun, costola d’asino, costa d’asino, ingrassaporci, scarnetta, piattello

Etimologia:
Il nome del genere fa riferimento all’apprezzamento dei maiali (in greco choìros) per le parti sotterranee della pianta, mentre quello della specie alla posizione delle foglie, innestate sostanzialmente sulla radice. I nomi comuni fanno per lo più riferimento alla posizione appiattita sul terreno delle foglie, come per “piattello”, all’evidente nervatura (costola) o all’essere pianta ricercata dai maiali, “ingrassaporci”.

Descrizione:
Le sue foglie sono carnose, croccanti e di un bel verde, più o meno acceso, coperte da un’ impercettibile peluria. A differenza delle altre cicorie non cresce in altezza, ma rimane schiacciata a terra. È specie polimorfa, così che la sua classificazione in passato non è stata uniforme. Presenta un rizoma legnoso ingrossato e radice a fittone, con innestate le foglie raccolte in rosetta, pelosette, aderenti in autunno-inverno al terreno, di forma spatolata e con margine variabile dall’intero, o quasi, al lobato, con evidente costolatura. Alta anche oltre gli 80 cm, presenta dalla primavera uno o più caratteristici assi florali glabri e glauchi, diritti, senza foglie, con ramificazioni in alto e tipici capolini a fiori ligulati di un giallo intenso, che nelle colonie consistenti possono dare ai prati una coloritura particolare. I frutti sono acheni con pappo. Le parti aeree della pianta secernono un latice amarognolo, innocuo come in altre asteraceae

Habitat:
È una pianta comune in tutta Italia, isole comprese, fino alla collina. La costolina è tipica erbacea da prati magri, anche se è adattabile a diversi suoli e situazioni. Pianta perenne, è molto diffusa in Italia e in Europa in genere, fino al Caucaso, vegetando senza problemi dal piano alla bassa-media montagna, a secondo delle aree.

Proprietà:
antiossidanti, chelanti (capaci di far smaltire all’organismo i metalli pesanti), depurative, antibatteriche, colagoghe (aiutano l’espulsione della bile), emollienti, digestive, amaricanti, toniche. In medicina popolare questa pianta era utilizzata in particolare come antidiabetico (P. M. Guarrera).
Un’importante ricerca pubblicata su Journal of Applied Pharmaceutical Science, nel luglio 2012, dal titolo “Screening of in vitro antioxidant activity of methanolic leaf and root extracts of Hypochaeris radicata L.”, condotta da Jamuna ed altri, ha dimostrato come questa pianta selvatica abbia una ricchezza inesplorata. E’ stato condotto uno studio in vitro confrontando le proprietà di questa pianta con alcuni noti antiossidanti e sono state fornite prove scientifiche che dimostrano la validità degli usi tradizionali di questa pianta, che per simpatia continuiamo a chiamare costole d’asino.  In base ai risultati ottenuti con questo studio, si è concluso che gli estratti metanolici delle foglie e delle radici di questa specie possiedono significative attività antiossidanti e chelanti. Nello studio sono stati confrontati gli effetti con alcuni potenti chelanti come la Vitamina C, l’EDTA. La presenza di un’adeguata quantità di composti fenolici e di flavonoidi possono spiegare questa efficacia. I composti fenolici sono noti per le loro attività antiossidanti (Shahidi e Wansundeara, 1992) e sono molto importanti costituenti vegetali a causa della loro capacità scavanger (di fare pulizia), che è dovuto ai loro gruppi ossidrilici (Hatano et al., 1989). Inoltre nella pianta Hypochaeris radicata L. un ruolo importante lo svolgono gli ioni ferrosi. Quindi, questi risultati di questo studio confermano, come ritenevano i nostri nonni, che questa pianta ha una potenziale fonte naturale di antiosssidanti anche con attività chelanti.
Lo stesso studioso ha pubblicato, proprio nel 2013, sull’International Journal of Pharmacy and Pharmaceutical Sciences, anche un altro intrigante studio, dove dimostra l’attività antibatterica potentissima di questa comunissima piantina dei campi.

In cucina:

Le foglie basali vengono utilizzate sia crude, in insalata, sia cotte per minestre, zuppe, frittate e torte salate. Le rosette basali si raccolgono da fine marzo a tutto giugno, quando sono ancora tenere, quelle raccolte più tardivamente, a volte fino all’inizio dell’inverno, sono più piccole, un pò più dure e di gusto leggermente più amaro, eliminabile con la cottura.
L’uso alimentare crudo di questa pianta nelle insalate di campo (si unisce alle altre cicorie: Crespino, Caccialepre, Tarassaco, Pimpinella, ecc.) è abbastanza diffuso. La rosetta basale costituisce un piatto di verdura particolarmente saporito e piacevolmente amarognolo. Queste caratteristiche organolettiche, sono ancor più evidenti quando la pianta è ancora giovane (autunno-inverno) mentre d’estate le sue foglie diventano ispide, fibrose e insipide, ma si possono ancora utilizzare cotte. Dopo aver mondato le piantine da eventuali foglie appassite, le si possono preparare lesse e condite con olio. Anche la radice è commestibile, ma richiede un po’ più di lavoro per mondarla. Le sue foglie (e le radici) cotte possono essere utilizzate per delle zuppe, insieme con altre erbe selvatiche, come nell’acquacotta, oppure nelle zuppe di verdure o per le frittate, o anche nei tortini rustici. A differenza delle altre cicorie di campo, dopo la cottura riduce di poco il suo volume. Dopo averle lessate le si possono utilizzare anche condite con olio e aceto, oppure ripassate in padella con olio, aglio e un pizzico di peperoncino. Nelle regioni del Sud questa erba si usa anche in piatto unico con i legumi e le patate lessate, ripassate in padella con aglio, peperoncino e qualche pomodorino. Si può aggiungere anche del finocchio selvatico. Il ferro contenuto nella pianta abbassa il Carico Glicemico Complessivo di un piatto altrimenti troppo “zuccherino”.

Vellutata di piattello

Ingredienti:

800 g di piattello (costolina),
3 foglie di borragine,
alcuni pomodori o 200g di polpa pronta
olio e burro q. b.,
una cipolla piccola,
alcune patate del brodo vegetale,
uno spicchio d’aglio,
maggiorana fresca,
peperoncino

Preparazione:

Lessare per qualche minuto le patate, sbucciate a dadini o a fette sottili, la borragine e il piattello e poi frullare o tagliare finemente al mixer. Rosolare nel frattempo con olio e burro in una padella dai bordi alti una cipolla finemente tritata, uno spicchio d’aglio da togliere non appena prende colore, della maggiorana fresca e, se piace, del peperoncino. Aggiungere al soffritto le verdure e il pomodoro e salare.
Fare cuocere aggiungendo del brodo vegetale fino ad ottenere la densità gradita.
Servire la vellutata nel piatto su crostini di pane sfregati con aglio, eventualmente dorati a parte, aggiungendo olio a crudo.

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